È una scoperta affascinante, che ci avvicina alle future missioni umane sul Pianeta Rosso.

Gli scienziati hanno scoperto che un tipo di muschio desertico presente in Antartide può sopravvivere alle condizioni estreme di Marte, il che lo rende un candidato promettente per la colonizzazione del pianeta rosso. Si sapeva già che il muschio Syntrichia caninervis fosse in grado di resistere a condizioni di siccità, ma i test condotti dai ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze hanno rivelato che può tollerare anche temperature fino a -196 °C e livelli di radiazioni gamma simili a quelli presenti sulla superficie di Marte.

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Il candidato ideale

Credit: Wikimedia commons

“Il nostro studio dimostra che la resilienza ambientale di Syntrichia caninervis è perfino superiore a quella dei tardigradi”, hanno scritto i ricercatori. “Syntrichia caninervis è una promettente pianta candidata a colonizzare ambienti extraterrestri, gettando le basi per la costruzione di habitat umani biologicamente sostenibili oltre la Terra”.

Quando andremo su Marte?

Sono già in corso tentativi per stabilire una colonia umana permanente su Marte: Elon Musk ha fondato SpaceX nel 2002 con l’intenzione esplicita di inviare persone sul Pianeta Rosso. Il miliardario spera di fondare una colonia autosufficiente prima del 2050, ma studi recenti mettono in dubbio la fattibilità di un simile progetto. Negli ultimi mesi, gli scienziati hanno scoperto che i viaggi spaziali di lunga durata possono avere un impatto estremamente negativo sulla struttura dei reni degli astronauti .

Le implicazioni per gli astronauti

Considerando che un viaggio di sola andata su Marte dura circa nove mesi, gli astronauti potrebbero essere costretti a utilizzare macchine per la dialisi durante gli spostamenti da e verso il pianeta. Una volta lì, ci saranno altri problemi come l’aumento delle radiazioni spaziali, la diminuzione della gravità e una relativa mancanza di cibo e acqua potrebbero rendere la sopravvivenza una sfida importante. Essere in grado di far crescere la vita vegetale potrebbe superare almeno una di queste barriere.

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