Il telescopio spaziale James Webb ha trovato nuovi indizi che riguardano la nascita delle stelle. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

Recenti osservazioni del telescopio spaziale James Webb hanno portato alla scoperta di sei pianeti vaganti, corpi celesti la cui massa varia tra cinque e dieci volte quella di Giove. La ricerca suggerisce che questi oggetti cosmici potrebbero fornire nuove informazioni sui processi che portano alla nascita di stelle e pianeti. I pianeti vaganti, noti anche come “pianeti fluttuanti” (o canaglia), sono particolari perché, a differenza dei pianeti del nostro sistema solare che orbitano attorno a una stella, essi viaggiano liberamente nello spazio interstellare.

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Questi pianeti possono avere origini diverse: alcuni potrebbero essersi formati all’interno di sistemi solari, per poi essere espulsi a causa delle interazioni gravitazionali con altri pianeti o stelle, mentre altri potrebbero essersi formati in isolamento, in modo simile alle stelle, ma senza raggiungere la massa necessaria per avviare la fusione nucleare.

I dettagli di questa incredibile scoperta

james webb
Credit: NASA

Uno degli aspetti più intriganti di questa scoperta è la presenza di un disco di polvere attorno a uno di questi pianeti vaganti, il che suggerisce che esso potrebbe essersi formato in modo analogo alle stelle. Con una massa compresa tra cinque e dieci volte quella di Giove, questo pianeta è il più leggero tra quelli con questa caratteristica scoperto finora. Anche gli altri pianeti vaganti osservati potrebbero aver seguito un processo di formazione simile.

Adam Langeveld, astrofisico della Johns Hopkins University e coautore dello studio, ha commentato: “Stiamo esplorando i limiti stessi del processo di formazione stellare. Se un oggetto ha le caratteristiche di un giovane Giove, potrebbe trasformarsi in una stella in condizioni adeguate? Questo è un contesto cruciale per comprendere sia la formazione delle stelle che quella dei pianeti.”

Le dichiarazioni degli scienziati

Ray Jayawardhana, altro coautore dello studio e anch’egli astrofisico alla Johns Hopkins, ha sottolineato l’importanza di queste osservazioni: “Abbiamo sfruttato la straordinaria sensibilità del telescopio Webb alle lunghezze d’onda infrarosse per studiare i membri più deboli di un giovane ammasso stellare e rispondere a una domanda fondamentale in astronomia: quanta luce può formare un oggetto simile a una stella?” I risultati mostrano che gli oggetti di massa planetaria che si formano come stelle possono avere masse paragonabili a quelle dei giganti gassosi che orbitano attorno a stelle vicine.

Nonostante la potenza del JWST, la sua capacità di rilevare pianeti vaganti è limitata a quelli con una massa superiore a cinque volte quella di Giove. Questo lascia aperta la domanda se esistano pianeti vaganti più piccoli formati attraverso gli stessi processi.

Ci sono altri mini-pianeti?

Il disco attorno a uno di questi pianeti suggerisce la possibile presenza di “mini pianeti” o lune che si formano dai detriti e dalla polvere circostante. Aleks Scholz, astrofisico presso l’Università di St. Andrews in Scozia e coautore dello studio, ha osservato: “Quegli oggetti minuscoli, con masse paragonabili a pianeti giganti, potrebbero essere in grado di formare i propri pianeti. Potremmo trovarci di fronte a un vivaio di un sistema planetario in miniatura, su una scala molto più piccola del nostro sistema solare.”

Questi pianeti vaganti rappresentano una sfida per le tradizionali definizioni di pianeti giganti gassosi e nane brune. Con masse comprese tra 13 e 80 volte quella di Giove, le nane brune sono troppo massicce per essere considerate pianeti, ma non hanno la massa sufficiente per sostenere la fusione dell’idrogeno, come fanno le stelle.

Un altro raro fenomeno scoperto dal James Webb

Infine, nella stessa indagine sulla nebulosa, il JWST ha rilevato un altro fenomeno raro: un sistema binario formato da una nana bruna e una compagna di massa planetaria. “È probabile che una coppia del genere si sia formata come fanno i sistemi stellari binari, da una nube che si frammenta mentre si contrae,” ha aggiunto Jayawardhana. Queste scoperte ci spingono a rivedere e affinare i nostri modelli di formazione stellare e planetaria, mostrando la straordinaria diversità di sistemi che la natura è in grado di creare.

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