Conosciamo bene le cariche elettriche, ma che dire di quelle magnetiche? Recensione scientifica di un episodio di ‘The Big Bang Theory’.

Qualche anno fa, il consulente scientifico di ‘The Big Bang Theory’, un fisico delle particelle presso l’UCLA, ha scritto un blog in inglese in cui analizzava scientificamente alcuni episodi della sitcom (troverete il link in fondo all’articolo). Ispirandomi al suo lavoro, mi propongo di trattare le stesse tematiche in modo un po’ più approfondito. Come nel suo stile, ciascuno dei miei articoli prende il titolo dall’episodio a cui fa riferimento. Alla fine, troverete anche una scena dell’episodio.

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In questo episodio, il brillante fisico teorico Sheldon Cooper si imbarca in una ricerca di monopoli magnetici nell’Artico grazie a una borsa di studio. L’episodio, intitolato “The Monopolar Expedition”, vede Sheldon e i suoi amici alle prese con gli aspetti pratici e le difficoltà di una spedizione scientifica nei ghiacci. Ma quanto c’è di verosimile in questa trama?

La lunga storia dei monopoli magnetici

Illustrazione artistica di monopoli magnetici (immagine principale) e di un dipolo magnetico (riquadro in basso a sinistra). I monopoli magnetici, se esistono, sarebbero particelle con un singolo polo magnetico, nord o sud, a differenza dei comuni magneti che possiedono sempre una coppia di poli opposti. Crediti: CERN.

Nella realtà, la ricerca dei monopoli magnetici rappresenta una delle sfide più intriganti della fisica moderna. Ogni magnete che conosciamo possiede sempre due poli: nord e sud. Un monopolo magnetico, invece, sarebbe una particella con un solo polo, nord o sud. Sebbene possa sembrare un concetto impossibile, molti fisici ritengono che queste particelle potrebbero effettivamente esistere.

La storia di questa ricerca ha radici antiche. Già nel 1269, il francese Petrus Peregrinus descrisse esperimenti con magneti e concluse che i poli opposti si attraggono mentre quelli uguali si respingono, ma non ipotizzò l’esistenza di monopoli. L’idea che potessero esistere fu poi considerata da fisici del calibro di James Clerk Maxwell e Pierre Curie nel XIX secolo.

Ma è nel 1931 che la teoria fece un balzo in avanti, quando il fisico Paul Dirac dimostrò che i monopoli magnetici sono compatibili con la meccanica quantistica e potrebbero spiegare la quantizzazione della carica elettrica, ovvero perché le cariche elettriche in natura sono sempre multipli di una carica fondamentale. Questo legame profondo tra cariche elettriche e magnetiche è alla base della cosiddetta condizione di quantizzazione di Dirac.

Teorie moderne e ricerca sperimentale

Un altro passo cruciale avvenne negli anni ’70, quando Gerard ‘t Hooft e Alexander Polyakov dimostrarono che certe teorie che tentano di unificare le forze fondamentali della natura, le cosiddette Teorie della Grande Unificazione (GUT), prevedono necessariamente l’esistenza di monopoli magnetici supermassivi, con una massa circa un trilione di volte superiore a quella di un protone! Questi monopoli GUT avrebbero proprietà spettacolari, come la capacità di catalizzare il decadimento dei protoni.

La ricerca sperimentale di questi elusivi oggetti si è concentrata su tre fronti principali: gli acceleratori di particelle come il Large Hadron Collider (LHC), dove si spera di produrre monopoli nelle collisioni ad altissima energia; i raggi cosmici, messaggeri di particelle provenienti dallo spazio profondo; e la ricerca di monopoli intrappolati in materiali terrestri o lunari. Esperimenti come MACRO in Italia e AMANDA al Polo Sud hanno posto limiti stringenti sul possibile flusso di monopoli magnetici nell’universo.

Implicazioni cosmologiche e sfide teoriche

Inoltre, i monopoli magnetici avrebbero effetti rilevanti anche su scala cosmica. Per esempio, se fossero abbastanza numerosi, essi drenerebbero rapidamente l’energia dei campi magnetici galattici. Il fatto che osserviamo ancora tali campi pone un limite superiore alla densità di monopoli, il cosiddetto limite di Parker.

Quindi perché, nonostante decenni di ricerche, non è ancora stata provata l’esistenza dei monopoli magnetici? Il problema potrebbe risiedere nel meccanismo che li ha generati nell’universo primordiale. Secondo Kibble, durante questa transizione, in alcune regioni il campo di Higgs potrebbe non essersi orientato in modo continuo. In altre parole, ci sarebbero state delle singolarità, dei punti in cui l’orientamento del campo non era definito. Questi punti di singolarità sarebbero i monopoli magnetici, emersi come difetti topologici nella struttura del campo di Higgs a causa di una transizione di fase non uniforme nell’universo primordiale.

Tuttavia, questo processo avrebbe prodotto una sovrabbondanza di monopoli, in contrasto con le osservazioni. Una soluzione viene dalla teoria dell’inflazione cosmica, una fase di espansione accelerata nei primi istanti di vita dell’universo, che avrebbe diluito enormemente la densità di eventuali monopoli preesistenti.

Importanza teorica e prospettive future

Nonostante la loro elusività, i monopoli magnetici continuano a giocare un ruolo chiave per il progresso della fisica teorica. Essi hanno ispirato lo sviluppo di nuove tecniche matematiche per descrivere le particelle in teoria quantistica dei campi e hanno fornito una chiave per comprendere fenomeni non perturbativi come il confinamento dei quark. La dualità elettricità-magnetismo scoperta da Dirac si è rivelata uno strumento concettuale potentissimo, alla base della teoria delle stringhe e delle sue sorprendenti “dualità” che unificano apparentemente diverse formulazioni della teoria.

Insomma, che esistano o no come particelle reali, i monopoli magnetici occupano un posto speciale nell’immaginario e nella storia della fisica. La loro ricerca, al confine tra teoria ed esperimenti, ci spinge ad interrogarci sui principi primi della natura e sulle leggi che governano l’universo.

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