Ecco cosa sono e a cosa servono i secondi intercalari. La spiegazione della NASA.

A novembre 2022, la Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure (CGPM) aveva preso una decisione storica: dal 2035, il Tempo Universale Astronomico (UT1), basato sui movimenti della Terra, potrà differire di oltre un secondo dal Tempo Coordinato Universale (UTC), basato sulla regolare scansione del tempo offerta dagli orologi atomici.

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Stop al secondo intercalare dal 2035

Per cinquant’anni, per evitare disallineamenti, è stato aggiunto un “secondo intercalare” quando necessario, assicurando che i due tempi tornassero a coincidere. Dal 1972, l’incapacità di prevedere con precisione quando aggiungere il secondo intercalare ha causato problemi pratici, poiché il moto di rotazione della Terra non è regolare a causa dell’influenza della Luna e di altri fattori. Quando i ritardi accumulati raggiungevano 0,9 secondi, la CGPM e altre organizzazioni stabilivano un giorno per aggiungere un secondo, colmando così la differenza tra i due modi di calcolare il tempo.

Cosa cambia ora con il tempo che misuriamo

Negli ultimi anni, la situazione si è complicata ulteriormente: la Terra ha mostrato lievi accelerazioni nel proprio moto di rotazione, portando alla possibilità di dover sottrarre un secondo intercalare. Questa eventualità avrebbe potuto creare ulteriore confusione, soprattutto nella gestione delle reti informatiche e dei dispositivi che le utilizzano.

Il tempo è un riferimento essenziale per molte applicazioni e anche uno scarto di qualche frazione di secondo può causare malfunzionamenti o errori imprevisti. Per questo motivo, grandi società tecnologiche come Meta (che controlla Facebook) e Alphabet (che controlla Google) hanno sostenuto la rinuncia al secondo intercalare. Eliminando il secondo intercalare, si ridurrebbero i disallineamenti temporali tra diverse organizzazioni, che procedevano agli aggiustamenti in momenti diversi.

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