Con i fenomeni estremi degli ultimi giorni è di nuovo tornata la storiella delle “scie chimiche”. Ecco tutto quello che c’è da sapere sulle scie di condensazione

Per il post di oggi mi discosterò un minimo dagli argomenti classici di astronautica che tratto di solito per spingermi più sul lato aeronautico e fisica dell’atmosfera. Con i fenomeni estremi degli ultimi giorni come alcune trombe d’aria e downburst (alle volte si legge “bombe d’acqua” ma non esistono come nome) è di nuovo tornata la storiella delle scie chimiche; in realtà i fenomeni estremi sono dovuti in larga parte ai cambiamenti climatici e specialmente quelli a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni sono dovuti all’ondata di caldo persistente di queste settimane. Ma per dissipare un po’ i dubbi farò una panoramica generale scie di condensazione, sulla loro persistenza e anche sul fatto che nulla hanno a che fare con i fenomeni estremi e che contribuiscono ai cambiamenti climatici in una percentuale veramente piccola dovute, chiaramente, all’inquinamento. Dedicherò parte del discorso anche al cloud seeding e alla geoingegneria solare. La spiegazione è articolata in domande a cui segue la spiegazione, qualcosina potrebbe risultarvi un po’ tecnica ma è l’unico modo per spiegare correttamente il fenomeno, se avete la necessità di chiarimenti senza nessun problema la sezione commenti è aperta.

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Cosa sono le scie di condensazione?

Le scie di condensazione sono delle nuvole che si creano al passaggio di qualunque velivolo che rispetti delle determinate condizioni ed entro dei parametri che saranno successivamente analizzati, esistono da quando i primi aerei hanno iniziato a solcare i cieli e sono dovute principalmente ai motori degli aerei e agli effetti dell’aerodinamica dell’ala immersa in mezzo fluido. (piccola curiosità, nonostante siamo abituati a chiamarle “ali” gli aerei hanno una sola ala, quella destra e sinistra si chiamano semiali e gli aerei con più ali due o tre si chiamano biplani e triplani).

Quali sono le caratteristiche delle scie di condensazione?

Scie di condensazione

Le scie di condensazione hanno diverse caratteristiche e si dividono in base alla loro genesi rispettivamente in due macrogruppi: “scie di origine aerodinamica” e “scie da gas di scarico”, ne esiste anche una categoria diversa che si chiama “scie convettive” ma che sono assimilabile alle prime due e dipendono dai fenomeno convettivi, la differenza da una scia da gas di scarico è solo la temperatura dell’aria in quanto la scia si formerà un po’ dopo il motore e non immediatamente a valle dell’ugello.

  • Scie di origine aerodinamica si creano grazie ad una trasformazione termodinamica di espansione adiabatica del fluido aria provocata dalla presenza stessa del mezzo all’interno del campo di moto. La temperatura più favorevole per la loro formazione è dai 263,15K ai 273,15K, l’umidità relativa (RH) deve essere piuttosto alta nell’intorno del 75%. Si chiamano di origine aerodinamica perché la loro genesi è dovuta ai vortici di trascinamento o indotti dalla portanza meglio conosciuti come “vortici d’estremità d’ala” (wingtip vortices); spesso solo in italiano tali scie prendono il nome di “trecce di Berenice”. Si possono formare su qualunque punto critico del flusso d’aria nell’intorno del mezzo, che siano ipersostentatori o le carenature dell’attuatore degli ipersostentatori o addirittura gli alettoni delle auto di formula 1. Per spiegare la loro genesi entriamo nel dettaglio; nelle ipotesi del continuo questi sono “vortici” definiti come qualunque massa fluida nella quale la particella elementare tridimensionale (infinitesima e mesoscopica cioè grande per il mondo microscopico e piccola per il mondo macroscopico) definita a mezzo delle lunghezze dx, dy, dz nelle tre direzioni spaziali ruoti intorno a un asse che varia da punto a punto del fluido stesso considerato. Detto P(x,y,z) un punto generico dello spazio considerato è condizione necessaria e sufficiente per definire un vortice che in un istante di tempo t+dt con t tempo iniziale vi sia stata una deformazione del fluido con una rotazione infinitesima dθ intorno ad un asse passante per P stesso. Da qui posso quindi definire V la velocità di traslazione della particella, quindi come conseguenza logica posso definire la sua velocità angolare come Ω=½∇×V dove ∇×V=ζ è il rotore della velocità che si chiama vorticità. Da qui posso definire come linea vorticosa una curva tangente in ogni punto alla vorticità e come tubo vorticoso l’insieme delle linee vorticose passanti per una curva chiusa che racchiude un’area finita. Dunque un tubo vorticoso può essere definito come il flusso della vorticità attraverso una sua sezione, matematicamente è Γ=ʃn·ζds da cui nasce il primo teorema di Helmholtz ovvero l’intensità di un tubo vorticoso è la stessa in tutte le sue sezioni trasversali e Γ è chiamato circolazione. Ora che ho definito la circolazione possiamo esporre il teorema di Kelvin che dice: in un flusso ideale e omoentropico la circolazione di un circuito materiale non varia nel tempo. Applicando quanto detto ad un profilo alare si ottiene la genesi di una forza portante definita come -ρVΓ dove il primo termine è la densità dell’aria, per il teorema di Kutta-Žukovskij il valore della portanza in un fluido ideale è legato al valore della circolazione attorno a quest’ultimo, ma per i teoremi precedenti il profilo è in quiete dunque il campo di moto è irrotazionale e la circolazione attorno al profilo è nulla, questo prende il nome di paradosso di D’Alembert. Per risolvere ciò è necessario dunque avere la condizione di Kutta ovvero la genesi di un vortice sul bordo d’uscita, tridimensionalmente questo da origine al bordo di uscita a quello che comunemente viene chiamato downwash che associati alla resistenza indotta formano i vortici d’estremità d’ala citati all’inizio, ed ecco spiegato il fenomeno. Nota: Quest’ultima non va confusa con una genesi diversa di vapore spiegata dalla singolarità di Prandtl-Glauert che riguarda la formazione della nube di vapore attorno al campo di moto di un velivolo che raggiunge il transonico il cui vapore condensato dipende dalle onde d’urto e al calo di pressione dopo il passaggio del mezzo (mi era stato chiesto in un post precedente quindi ho provato a spiegarlo qui in breve).
  • Scie da gas di scarico si formano a causa del rapido raffreddamento dei gas in uscita dai motori, i quali immettono nell’atmosfera, già molto umida, una quantità di vapore acqueo e nuclei di condensazione tali da creare questa scia. Questo fenomeno è possibile spiegarlo tramite il raggiungimento del punto di rugiada dove la miscela bifase dell’aria con il vapore d’acqua raggiunge il punto di saturazione. Quando invece la temperatura è sufficientemente bassa si può raggiungere il punto brina ovvero il passaggio dalla fase vapore a quella solida in questo caso la nuvola condensata sarà formata da cristalli di ghiaccio, tali nuvole sono conosciute con il nome di cirri. Normalmente possono riscontrarsi oltre gli 8000 m anche se questo non è un limite alla loro formazione in quanto dipende da diverse condizioni. Il primo modello elaborato per la determinazione di tale scia fu di Schmidt nel 1941 seguito da Appleman nei primi anni cinquanta il quale mostrò come la formazione di scie di condensazione dipendesse da diversi fattori infine il modello teorico è stato poi perfezionato da Schumann che negli anni novanta ha verificato le previsioni del modello termodinamico grazie ad osservazioni dirette chiarendo anche la dipendenza delle condizioni di innesco e persistenza delle scie di condensazione dalle caratteristiche della combustione nei motori. Tali condizioni sono:
  1. Umidità relativa (RH) che varia al variare della quota;
  2. Temperatura o gradiente termico verticale (∇T) che varia anche questo con la quota;
  3. Pressione (p) variabile con la quota;
  4. Densità del mezzo fluido, aria nel nostro caso (ρ) varia anche questo con la quota;
  5. Temperatura in uscita dall’ugello (T₁);
  6. Particolato espulso dal motore;
  7. BPR o conosciuto come rapporto di diluizione;
  8. Tipo di combustione che avviene in camera e quindi aviofuel usato.

Il valore orientativo di 8000 metri sopra la quale si considera possibile avere una scia di condensazione è dovuto alla temperatura e pressione media a quella quota, che viene dall’atmosfera standard di ICAO chiamata ISA. Le ipotesi prese a monte per questa atmosfera sono validità dell’equazione di stato dei gas p=ρRT e validità della legge di Stevino quindi dp=−ρgdz con dz elemento infinitesimo rispetto all’asse verticale z con direzione entrante nella direzione del campo vettoriale gravitazionale da cui si può calcolare la distribuzione di pressione e temperatura al variare di z stesso. Chiaramente dato che siamo nel campo reale queste condizioni sono solo orientative e quindi non possono permetterci di predire la formazione di una scia in quanto abbiamo bisogno di conoscere le reali condizioni dell’atmosfera. Sebbene diversi i motori aeronautici hanno comunque delle caratteristiche in comune, ad esempio i primi motori come i motoreattori usavano come aviofuel (quasi tutti) benzina con un indice di ottano di 87, si è passati poi ai turbogetti ed infine alle turboventole moderne che usano ad esempio come combustibile del cherosene come il JetA e il JetA-1 o per climi molto freddi il JetB. Chiaramente la cosa che hanno in comune è che tutti fanno la combustione e tutti usano degli idrocarburi e nella combustione degli idrocarburi gli elementi in comune sono i due classici prodotti di scarto ovvero acqua e anidride carbonica. Principalmente, infatti, le scie da gas di scarico sono costituite da vapore d’acqua e biossido di carbonio, ovviamente ci sono anche altri scarti della combustione come alcuni composti dello zolfo, NOx, CFC, monossido di carbonio e aviofuel incombusto. Sull’aviofuel incombusto vorrei infatti soffermarmi e anche sul particolato espulso dall’esoreattore, come forse saprete la combustione non è mai completa al 100% e alcune molecole scapperanno dalla combustione questo creerà delle particelle di scarto di varia natura fortemente igroscopiche che fungeranno dai nuclei di condensazione all’interno della scia creando una vera e propria nuvola che potrà perdurare nel tempo. Le code visibili alle estremità delle scie di condensazione di origine da gas di scarico sono dovute alle diverse densità dei fluidi cioè l’aria e la scia che si immette in quest’ultima questo fenomeno è spiegato dall’instabilità di Rayleigh-Taylor

Scie di condensazione
Credit: © Tom Corser 2020

Quanto tempo può durare una scia?

Una scia di condensazione può rimanere in aria da qualche minuto a diverse ore, tutto dipende dalle condizioni precedentemente citate, almeno per quanto riguarda le scie da gas di scarico, quelle di origine aerodinamica scompaiono in poco tempo in quanto al loro interno non vi sono nuclei di condensazione tali da poter creare una massa nuvolosa stabile. Quando permangono per molto tempo in atmosfera i venti in quota tendono a diradare la scia creando una coltre nebbiosa che in genere sparisce con l’aumento della temperatura, la quantità di vapore acqueo all’interno di una scia non è mai sufficiente per precipitare quindi in nessun caso vedrete mai una scia di condensazione creare pioggia.

Come mai prima vedevo una sola scia raramente e ora decine al giorno?

Negli ultimi anni il numero dei voli complessivi è quasi centuplicato passando da poche migliaia al giorno a più di 140mila odierne. Questa cosa è dovuta principalmente a tre fattori:

  • Richiesta del mercato: con la globalizzazione è aumentata la richiesta di tratte aeree per accontentare le esigenze delle persone;
  • Riduzione dei costi con le compagnie low cost: grazie a tratte serrate e con i giusti scali è possibile organizzare voli con bassi costi di gestione;
  • Riduzione dei costi operativi: grazie all’introduzione di filosofie di manutenzione più performanti come la MSG-3 è stato possibile aumentare la sicurezza e l’affidabilità riducendo i costi, con strategie come cicli di vita dei componenti da cambiare non più hard-time ma su condizione; e grazie all’introduzione dei type certificate holder come azienda come ad esempio Airbus o Boeing. Come se non bastasse con l’avvento dei turbofan moderni con un BPR molto più alto la probabilità di creare una scia di condensazione è diventata maggiore.

Ho visto che esistono delle tecniche per far piovere, quindi controllano il clima?

Il clima non può essere controllato in quanto è un fattore su scala decennale che riguarda le condizioni di temperatura di atmosfera ed oceani, dalle precipitazioni, dall’alternanza delle stagioni e quindi dell’inclinazione dei raggi solari e da tutta una serie di fattori che possono essere alterati solo da fattori esterni come ad esempio l’inquinamento su scala planetaria. Esistono delle tecniche come la geoingegneria solare (SRM o riduzione della radiazione solare), ancora del tutto in fase accademica e quindi non applicate su larga scala la sua proposta è quella di aumentare l’albedo della Terra per ridurre la temperatura, ma come detto non è ancora una tecnica approvata e prima di renderla operativa (se mai lo sarà) ci vorranno anni di controlli e analisi. Ad oggi esistono però delle tecniche di modifica delle condizioni meteo, esistono diverse tecniche che possono farlo, tra le quali la più famosa è la semina delle nuvole ovvero il cloud seeding. Si tratta di una tecnica poco efficace che serve per aumentare i nuclei di condensazione in una cumulonembo già esistente e farlo precipitare un po’ prima o po’ dopo rispetto il suo naturale corso. Tale tecnica si fa usando in genere piccoli velivoli come i monomotori ad elica (tipo i Cessna) e spargendo delle sostanze come lo ioduro d’argento o composti simili come ghiaccio secco o cloruro di sodio. Nei primi anni del 1900 queste tecniche insieme ad altre venivano usate durante i conflitti (sebbene questi un po’ meno perché veramente poco efficaci). Una delle operazioni più famose di cloud seeding è stata l’Operazione Popeye (nome in codice operazione Motorpool) desecretata completamente agli inizi degli anni 70; usata dalla US AirForce durante il conflitto del Vietnam per allungare la stagione dei monsoni, sebbene con scarso successo. Attualmente tali operazioni non sono concesse e non vengono effettuate grazie ad alcuni trattati come la “Convenzione sul divieto dell’uso di tecniche di modifica dell’ambiente a fini militari o ad ogni altro scopo ostile”, conosciuta come Convenzione ENMOD. Nessuna di queste tecniche, però, rilascia scie di alcune genere visibili da terra; come se non bastasse in Italia sono anni ormai che non viene più praticata.

Riferimenti:
[1] https://stagefisica.sns.it/media/lezioni/TermodinamicaCompleta.pdf
[2] https://hyominsite.files.wordpress.com/2015/03/fundamentals-of-heat-and-mass-transfer-6th-edition.pdf
[3] https://www.smartcockpit.com/docs/Wingtip_Devices.pdf
[4] https://doi.org/10.1017/S0370164600018940

Articolo elaborato da Avellino Virginio