Queste collisioni di ammassi di galassie si trovano sette miliardi di anni luce. Ora possono essere mappate e studiate per scoprire gli albori dell’Universo

Un team internazionale di ricercatori guidato dall’Università di Leiden (Paesi Bassi) ha mappato nove gigantesche collisioni di ammassi di galassie. Le collisioni sono avvenute sette miliardi di anni fa e potrebbero essere osservate perché accelerano le particelle ad alte velocità. È la prima volta che vengono studiate le collisioni di ammassi così distanti. I ricercatori pubblicano i loro risultati sulla rivista Nature Astronomy.

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Ammassi di galassie
L’ammasso di galassie Psz2 G091.83+26.11 a 7 miliardi di anni luce dalla Terra.
Credit: PanStarrs/NASA/Chandra/ Lofar/G. di Gennaro

Gli ammassi di galassie

Gli ammassi di galassie sono le strutture più grandi dell’Universo. Possono essere costituiti da migliaia di galassie, ciascuna con miliardi di stelle. Quando tali ammassi si fondono, gli elettroni tra di loro vengono accelerati quasi alla velocità della luce. Le particelle accelerate emettono onde radio quando entrano in contatto con i campi magnetici negli ammassi. Fino ad ora, i telescopi non erano abbastanza potenti da ricevere onde radio da ammassi in collisione distanti. Ma grazie alla rete olandese-europea di antenne LOFAR collegate e un “tempo di esposizione” di otto ore per ammasso, i ricercatori sono stati in grado di raccogliere per la prima volta dati dettagliati da ammassi distanti.

Ammassi di Galassie
Ammassi di Galassie. Credit: Telescopio Spaziale Hubble

I risultati

I dati mostrano, tra le altre cose, che l’emissione radio da ammassi in collisione distanti è più brillante di quanto previsto in precedenza. Secondo le teorie prevalenti, l’emissione radio “a grappolo” proviene da elettroni che sono accelerati dai moti turbolenti. Responsabile della ricerca Gabriella Di Gennaro, Ph.D. dell’Università di Leida (Paesi Bassi): “Pensiamo quindi che la turbolenza e i vortici causati dalle collisioni siano abbastanza forti da accelerare le particelle anche in un universo giovane“. Inoltre, i campi magnetici negli ammassi distanti si sono rivelati più o meno forti come negli ammassi vicini precedentemente studiati. Secondo il coautore ed esperto di campi magnetici Gianfranco Brunetti (INAF-Bologna, Italia), questo era inaspettato: “Non sappiamo ancora come questi campi magnetici possano essere così forti in un Universo ancora giovane, eppure il nostro studio fornisce importanti vincoli su la loro origine. Ci aspettiamo che le future osservazioni di ammassi distanti forniranno maggiori informazioni“.

Riferimenti: