Il fatto che ci siano questi due gas, nelle nubi di Venere, potrebbe aiutare gli scienziati a capire se c’è vita microbica sul pianeta infernale.

Abbastanza caldo da fondere il metallo e ricoperto da un’atmosfera tossica e maleodorante. Venere è tra i luoghi più ostili del sistema solare. Gli astronomi, però, hanno rilevato la presenza di due gas che potrebbero indicare forme di vita tra le nubi venusiane. I risultati dello studio rafforzano le prove dell’esistenza di fosfina su Venere, la cui presenza era stata fortemente contestata in passato. Un altro team di ricercatori ha rivelato la presenza di ammoniaca, che sulla Terra è prodotta principalmente da attività biologiche e processi industriali. Su Venere, secondo gli scienziati, non può essere spiegata da fenomeni atmosferici o geologici. Dev’esserci qualcos’altro.

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C’è vita su Venere?

Queste biofirme non sono una prova schiacciante della vita extraterrestre. Ma la scoperta intensificherà l’interesse degli scienziati per Venere e aumenterà la possibilità che la vita sia emersa e persino prosperata nel passato “più temperato” del pianeta e sia sopravvissuta fino a oggi in sacche dell’atmosfera. “Può darsi che se Venere avesse attraversato una fase calda e umida in passato, allora, con l’avvento del riscaldamento globale incontrollato, [la vita] si sarebbe evoluta per sopravvivere nell’unica nicchia rimasta: le nuvole”, ha detto il dottor Dave Clements, docente di astrofisica all’Imperial College di Londra.

Com’è fatto Venere

La superficie di Venere raggiunge una temperatura di circa 450 °C, abbastanza calda da fondere piombo e zinco. La pressione atmosferica è 90 volte quella della superficie terrestre e ci sono nubi di acido solforico. Ma a circa 50 km sopra la superficie la temperatura e la pressione sono più vicine alle condizioni della Terra, e potenzialmente sopportabili per microbi molto resistenti. Sulla Terra, la fosfina è prodotta da microbi in ambienti carenti di ossigeno, come le budella dei tassi e le feci dei pinguini. Altre fonti, come l’attività vulcanica, dipendono dalle condizioni del pianeta che ci troviamo di fronte.

Scoperte entusiasmanti

Il dott. Robert Massey, vicedirettore esecutivo della Royal Astronomical Society, ha affermato: “Si tratta di scoperte molto entusiasmanti, ma è necessario sottolineare che i risultati sono solo preliminari e che sono necessari ulteriori studi per saperne di più sulla presenza di questi due potenziali biomarcatori nelle nubi di Venere. Tuttavia, è affascinante pensare che queste rilevazioni possano indicare possibili segni di vita o alcuni processi chimici sconosciuti. Sarà interessante vedere cosa scopriranno ulteriori indagini nei prossimi mesi e anni”.

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