Cinque motivi per cui questa nova imminente è così importante e tutto quello che c’è da sapere su questa stella

Tra il 2024 e un non precisato giorno entro la fine del 2026, l’attenzione e gli occhi di moltissimi astrofisici e semplici appassionati saranno focalizzati verso una specifica regione del cielo, nello specifico quella occupata dalla costellazione della Corona Boreale. Il motivo ha un nome: la stella T Coronae Borealis. Si tratta di un noto sistema binario contenente una nana bianca (con una massa tra 1,3 e 1,4 masse solari) e una gigante rossa (tra 1,1 e 1,2 masse solari), con la nana bianca che accresce materia dalla compagna. Ciò qualifica il sistema come una binaria simbiotica. Inoltre, il sistema è anche noto per essere una nova ricorrente con un periodo di circa 80 anni, le cui ultime eruzioni sono avvenute nel 1866 e nel 1946. Ma perché questo corpo celeste interessa così tanto ai ricercatori? I motivi sono tanti, ma prima di discuterli è bene rispondere a una domanda ancor più fondamentale.

Advertisement
Banner Plus

Che cos’e` una nova?

Una nova è un particolare tipo di fenomeno celeste dove si verifica un’esplosione nucleare sulla superficie di una nana bianca mentre accresce materia dall’inviluppo di una compagna meno evoluta. Ma perché abbiamo un’esplosione? Il fatto che il materiale accresciuto dalla compagna alimenti delle reazioni nucleari sulla superficie della nana bianca è una condizione sì necessaria ma non sufficiente. L’Universo è infatti pieno di stelle (incluso il nostro Sole) che bruciano il plasma al loro interno tramite reazioni nucleari senza per questo esplodere. Però, nel caso di una nova, il materiale che compone la nana bianca si trova in uno stato molto particolare chiamato “degenerazione elettronica”. Si tratta di uno stato tipico della materia ad alta densità, in questo caso dell’ordine di decine di milioni di grammi per centimetro cubo. Questa densità così elevata di fatto costringe un grande numero di elettroni a piazzarsi su orbitali a energie sempre più vicine tra di loro. Agli elettroni però, che da bravi fermioni ubbidiscono al principio di esclusione di Pauli (che vieta la presenza di elettroni con gli stessi numeri quantici, ergo limitando fortemente il numero di elettroni sullo stesso livello energetico), questa cosa proprio non piace, e si oppongono generando una pressione verso l’esterno nota come “pressione di degenerazione”. Questa pressione ha una caratteristica importantissima, ovvero è indipendente dalla temperatura e dipende solo dalla densità. Ciò ha conseguenze drammatiche. Se infatti nella maggior parte delle stelle la struttura si espande raffreddandosi nel momento in cui l’energia generata al loro interno dalle reazioni nucleari aumenta, ciò NON avviene nel caso di una nana bianca, dato che la pressione di degenerazione che la sorregge è insensibile alla temperatura. E quando essa accrescerà materiale dalla compagna bruciandolo sulla superficie, l’energia termica così generata non verrà accompagnata da un’espansione e conseguente raffreddamento. Verrà bensì accumulata fino al raggiungimento di condizioni critiche, che determineranno l’esplosione nota come “nova”. Tale esplosione, che avverrà in superficie, non distruggerà la nana bianca, che potrà così poi riprendere ad accrescere massa e, possibilmente, causare ulteriori novae.

stella nova
Rappresentazione artistica di un sistema binario contenente una nana bianca che accresce materia da una compagna gigante rossa (o AGB).
Credit: NASA/CXC/M.Weiss

Per illustrare il tutto con un esempio, immaginiamo di avere in un caso della benzina sparsa sull’asfalto, e in un altro della benzina dentro a un barile rigido. Se dessimo fuoco alla benzina, avremmo un’esplosione solo nel caso in cui essa è raccolta nel barile. Infatti, quando essa è semplicemente sparsa sull’asfalto, genererà al più una sorta di laghetto infuocato per poi spegnersi gradualmente, senza fenomeni esplosivi. Nel caso del barile, invece, abbiamo le pareti rigide che per un lasso di tempo iniziale non si espanderanno, comportandosi quindi in modo in qualche modo analogo agli elettroni degeneri della nana bianca. Per un piccolo lasso di tempo il volume del barile sarà insomma indipendente dalla temperatura, che intanto continua a crescere al suo interno. Di conseguenza, l’energia termica rilasciata dal bruciamento della benzina si accumulerà fino a quando la struttura del barile cederà, rilasciandola tutta in un colpo solo, generando ciò che chiamiamo “esplosione”.

Perchè T Coronae Borealis e` importante?

Vi sono tanti motivi per cui l’imminente esplosione di T Coronae Borealis sia considerata come un evento di grande importanza, per il quale astronomi in ogni parte del globo si stanno preparando. Di questi, ne elenchiamo cinque tra i più importanti.

Curva di luce

La possibilità di potersi preparare a registrare l’evoluzione della luminosità nel tempo di T Coronae Borealis (ovvero ciò che è noto nella letteratura scientifica come “curva di luce”) è di enorme importanza, soprattutto per quanto riguarda le prime ore seguenti l’esplosione, ovvero la fase notoriamente più incerta. Infatti, questa è una delle principali grandezze usate come severo test di validazione dei nostri modelli teorici: se la fisica considerata nei nostri modelli è corretta (ad esempio il network di reazioni nucleari per il calcolo della generazione di energia, le tabelle delle opacità, le equazioni di stato, il modo in cui viene descritta la convezione, etc.), allora dovremmo essere in grado di riprodurre in modo accurato la curva di luce di un dato fenomeno (una nova in questo caso). Altrimenti vorrebbe dire che c’è qualcosa che non abbiamo capito del fenomeno e su cui c’è bisogno di più ricerca (ad esempio un “ingrediente” mancante nella fisica considerata, oppure proprio qualcosa di sbagliato o inaccurato).

Nucleosintesi degli elementi chimici

L’osservazione dettagliata dell’eruzione di T Coronae Borealis in tutte le bande di frequenza, in particolare tra l’infrarosso e l’ultravioletto, permetterà agli astronomi di individuare una moltitudine di linee di assorbimento a precise frequenze, alle quali corrisponderanno determinate abbondanze di elementi chimici contenuti nel materiale espulso dall’esplosione. Molti di questi saranno elementi appena sintetizzati dalle reazioni nucleari in atto, e potranno raccontarci molto riguardo al ruolo delle novae nell’origine cosmica degli elementi chimici. Gli astronomi si aspettano, ad esempio, grandi abbondanze di carbonio, ossigeno e azoto… ma anche di litio, uno degli elementi più “fragili” dal punto di vista nucleare, e la cui produzione all’interno delle stelle è estremamente complessa da riprodurre tramite modelli teorici. Anche in questo caso, dunque, avremo un ottimo e severo banco di prova per le nostre attuali conoscenze di astrofisica nucleare.

Produzione di nuclidi radioattivi

Oltre a una vasta gamma di nuclei atomici stabili, ci si aspetta che le novae siano anche delle efficienti produttrici di alcuni importanti nuclidi instabili a vita medio-breve. Un esempio su tutti è l’alluminio-26, la cui distribuzione nella nostra Galassia (che attualmente ammonta a un totale di circa 3 masse solari) è rilevata grazie alla tipica emissione di fotoni gamma con energia pari a 1.809 MeV. E cosa ci sarebbe di interessante? Innanzitutto, l’alluminio-26 ha un tempo di vita media intorno a un milione di anni, qualcosa come meno di un decimillesimo dell’età della Via Lattea, simile a ciò che sarebbe un giorno a confronto dell’intera vita di un essere umano. Questo vuol dire che l’alluminio-26 rilevato dai telescopi spaziali nei raggi gamma (come INTEGRAL o Swift) sta venendo prodotto in tempo reale! Non è stato formato in epoche remote da generazioni stellari passate, in quanto altrimenti sarebbe già decaduto e quindi invisibile. Insomma, il rilevamento dell’alluminio-26 rappresenta una prova osservativa diretta di processi di nucleosintesi e formazione di nuovi elementi chimici tuttora in corso, e studiando la sua distribuzione possiamo capire dove questi processi stiano avvenendo. Di conseguenza, far luce sulle origini dell’alluminio-26 è cruciale per comprendere pienamente l’evoluzione chimica della Via Lattea, e ciò vuol dire capire quali sono le sue principali sorgenti stellari. Ad oggi sappiamo che un ruolo dominante lo avrebbero le stelle massicce (responsabili di circa il 70% dell’alluminio-26 nella Via Lattea), ma le novae giocherebbero comunque un ruolo rilevante, potendo essere responsabili fino al 30% del contenuto totale di alluminio-26 nella nostra Galassia. Sarà possibile dedurre in qualche modo la presenza di questo isotopo così particolare e importante nell’esplosione di T Coronae Borealis?

Origine delle supernovae 1a

Le nane bianche che accrescono materia da una compagna meno evoluta (sistemi chiamati “a degenerazione singola”) rappresentano una delle due principali tipologie di sistemi stellari (con l’altro rappresentato dalla fusione di due nane bianche in un sistema binario, caso noto come “a degenerazione doppia”) che evolvendo possono causare una supernova 1a, ovvero la potentissima esplosione finale di una nana bianca in un sistema binario (in media anche più luminosa delle supernovae a collasso da stelle di grande massa). Le supernovae 1a rappresentano una classe di eventi importantissima in astrofisica. Innanzitutto vengono usate come misurare le distanze delle galassie più distanti a noi note, permettendo quindi anche di tracciare l’espansione accelerata dell’universo. Inoltre, giocano un ruolo centrale nell’evoluzione chimica delle galassie: quasi il 70% del ferro e di altri elementi con numero atomico simile (come manganese, nickel, cobalto e altri) contenuti nella Via Lattea sono infatti stati prodotti da supernovae 1a, esplose nel corso della sua storia lunga miliardi di anni. Per queste ragioni, capire con precisione quante supernovae 1a hanno origine da quale tipologia sistema stellare (aspetto che ha anche un impatto, ad esempio, sulla loro curva di luce e sul loro spettro) è una questione di enorme importanza. T Coronae Borealis potrebbe un giorno esplodere come una supernova 1a? Forse… Va innanzitutto notato che la massa della nana bianca è molto alta, probabilmente superiore alle 1,3 masse solari, quindi vicina al cosiddetto limite di Chandrasekhar. Con essa si intende la massa limite che può essere sorretta dalla pressione di degenerazione nel caso di una nana bianca composta di carbonio e ossigeno, prima che essa collassi ed esploda. Ed è qui che salta fuori un’altra condizione non da poco: per dare luogo a una supernova 1a, una nana bianca deve essere composta di carbonio e ossigeno, in quanto le reazioni nucleari che ne determinano l’esplosione sono quelle del bruciamento del carbonio.

Supernova stella

Ma nel caso di una massa così grande, è anche possibile che possa trattarsi di una nana bianca di ossigeno, neon e magnesio, in particolare se la stella che l’ha generata avesse una massa tra circa le 8 e le 9 masse solari. In questo caso, essa non potrebbe esplodere come supernova 1a (al massimo potrebbe dare luogo a un cosiddetto “accretion induced collapse”, formando possibilmente, una stella di neutroni). L’esplosione di T Coronae Borealis ci potrà però dare preziosi indizi riguardo alla natura della sua nana bianca. Se infatti la composizione del materiale espulso dovesse rivelarsi sia ricca di neon che di specifici isotopi radioattivi, come il sodio-22 e alluminio-26 (la cui presenza potrebbe essere rilevabile tramite telescopi spaziali nei raggi gamma, sensibili ai fotoni emessi dal loro decadimento), allora ciò indicherebbe il suo essere una nana bianca di ossigeno, neon e magnesio. Ma se ciò non fosse, potremmo invece trovarci di fronte a una nana bianca di carbonio e ossigeno, che nel corso delle ultime centinaia di migliaia di anni ha con successo accresciuto materia dalla compagna, aumentando così la sua massa fino a valori prossimi al limite di Chandrasekhar. In tal caso, T Coronae Borealis potrebbe rappresentare un fulgido esempio di sistema a degenerazione singola candidato a esplodere come supernova 1a nel futuro prossimo.

Come funzionano le stelle? Iscriviti al corso sull’evoluzione stellare qui

Effetti sulla compagna

Infine, che impatto hanno le novae sull’evoluzione e la struttura dei sistemi binari? Una porzione dell’energia esplosiva verrà inevitabilmente depositata sia sul disco di accrescimento che sulla compagna. Ciò potrebbe causare una perdita di massa della compagna e allargare la separazione della nana bianca, con possibili conseguenze sia sull’evoluzione della compagna che sul ritmo dell’accrescimento di materia una volta che la nova si sarà spenta (con possibili conseguenze sul suo esplodere o meno come supernova 1a in futuro). La possibilità di prepararsi con buon anticipo all’eruzione di T Coronae Borealis potrà aiutarci a far luce anche su questi aspetti.

Fonti:

Linford et al. The Astrophysical Journal, Volume 884, Issue 1, article id. 8, 8 pp. (2019).

Denissenkov et al. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, Volume 442, Issue 3, p.2058-2074 (2014)